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1 mai 2013 3 01 /05 /mai /2013 22:40

M : Morte

 

Il capello ha uno stretto legame con la morte. Esso testimonia, tagliato & conservato, l’identità della persona di là della sua scomparsa. Da vedere l’articolo sulle opere fatte con i capelli.

Durante le cerimonie di lutto, capelli & barba vengono spesso tagliati in segno di disperazione, di penitenza o d’umiltà. Fin dall’antichità & a ogni latitudine, questi riti hanno accompagnato le cerimonie funebri.

In Egitto la pena veniva espressa coprendosi i capelli di fango, e con il taglio della barba da parte degli uomini.

Achille sacrifica la sua capigliatura & la getta tra le fiamme che consumano il corpo del suo amico Patroclo. Anche Alessandro lo farà alla morte di Efestione & ordinerà il taglio delle criniere di tutti i suoi cavalli.


A Delo gli abitanti si rasavano la testa & il lutto finiva solamente nel momento della ricrescita completa dei capelli. Le vedove greche gettavano le loro ciocche sulle pire funebri dei loro sposi. Queste pratiche continuarono a Roma, mentre gli abitanti del regno di Funan, nella Cambogia, facevano lo stesso nel V secolo.

La rasatura del cranio accompagna il lutto anche ai giorni nostri in molte parti del mondo. Presso i Lobi del Ghana & del Burkina Faso l’intera famiglia del defunto si rasa in segno di lamento & al fine di far fuggire gli spiriti negativi della morte. Nelle isole Trobriand la vedova si rasava & tesseva i suoi capelli con quelli del marito per farne una gorgiera& una collana assai sofisticate, che doveva portare per un certo tempo.

Certi popoli invece conservano i capelli del defunto, intrecciandoli con i propri o portandoli come un amuleto, come i Papua della Nuova Guinea.



 

                                        coiffe 1

Le cuffie isicolo Zulu erano create solo da donne sposate che usavano i loro stessi capelli, che mescolavano con fibre di lana o di cotone & fissavano su di un telaio in vimini. L’insieme era lubrificato di grasso e d’un pigmento minerale rosso e doveva essere portato durante tutta la durata del matrimonio. Alla morte dello sposo, la donna non portava più la cuffia. Il punto nero al centro contraddistingueva la condizione sociale della sposa e la sua vicinanza o meno al capo del villaggio. Più il punto era grande più la sposa aveva uno status importante.


Il popoloMosso, nel Tibet, mostra il lutto non lavandosi i capelli per 49 giorni & in Calabria, come in Albania, le vedove esprimono il dolore con dei nastri neri aggiunti alle pettinature. Nelle Isole Mauritius, quando una madre perde un figlio, gli taglia i capelli & ne fa una treccia che porta come collana con tanti nodi quante notti ha passato a piangerlo.

Nei riti funerari dell’Islam si raccomandare di lavare tre volte i capelli del defunto, poi di pettinarli & per le donne di acconciarli in tre trecce ripiegate all’indietro.


In Giappone il cimitero-tempio Okuno-in, nel complesso monastico di Koya-san, conserva le ceneri di moltissimi buddisti poiché essi sperano di rinascere alla vita nel momento del ritorno del Buddha Miroku tra i vivi. Coloro che non hanno potuto seppellirvi le ceneri, hanno messo al loro posto una ciocca di capelli.



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30 avril 2013 2 30 /04 /avril /2013 11:39

 

M : Merletto 



                                            abri

 

Il mio interesse per il merletto sta aumentando. L’anno scorso ho visitato la mostra ‘Merletti nel giardino’ al museo delle Belle Arti e del Merletto di Alençon. Ho seguito con attenzione le diverse fasi della realizzazione di questo pizzo, presentato & spiegato da una merlettaia professionista.

Quest’anno sono andata al Conservatorio del merletto a Bayeux, per vedere la fabbricazione del pizzo a tombolo & ad ago.


Il merletto vide la luce nel XVI secolo nella regione di Venezia. Si tratta di un pizzo ad ago, quello che nel 1445 portava il nome di punto aria, punto in aria. Il termine dentelleapparve nel 1545, nell’inventario della dote della sorella di Francesco I.

Talvolta, per fare dei pizzi, sono stati utilizzati i capelli.

Eccone un esempio: un collo a punto Venezia, ordinato da un inglese & che il giovane re Luigi XIV portò alla sua incoronazione. Il lavoro durò due anni & costò 250 monete d’oro.

Il re chiese poi a Colbert di far arrivare delle merlettaie veneziane nel suo regno per insegnare la loro arte. Così, verso il 1660, fu creato il ‘punto di Francia’ che divenne il ‘punto d’Alençon’, dopo aver ottenuto da Colbert un privilegio di Manifattura Reale.

Si esegue con un filo di lino molto fino & con un ago su una pergamena & su una carta telata, che portanola copia del disegno da riprodurre, e su un fondo a maglia o a rete bouclé, con dei punti fantasia & dei ‘ricami’ in crine di cavallo, ricoperto di punti stretti. Questo merletto, soprannominato la regina dei merletti, è il più costoso. Fu in voga fino all’inizio del XX secolo e poi declinò a causa dello sviluppo del merletto meccanico. Questo merletto è stato iscritto nella lista rappresentativa del patrimonio culturale non materiale dell’umanità dall’Unesco il 16/11/2010.1

 

                                           L'avenir se tisse avec le présent

 

Il merletto di Bayeux si fa con dei fuselli & dei fili di seta & di lino. E’ arrivato alla fine del XVII secolo con le suore della provvidenza, & si è sviluppato nel XVIII secolo grazie alla creazione di nuove manifatture.

Il merletto a tombolo sostituì quello con gli aghi alla fine del XVIII secolo e si impose poi nel XIX secolo fino al suo declino nel 1950. Era realizzato da delle operaie a domicilio (15 000 nel 1830) alle quali le levatrici portavano gli ordini di ‘Chantilly’, pezze di seta nera, o di ‘blonde de Caen’, in seta grezza.

 

 

                                                          Mailles

 

 

Nella regione di Caen, a Fontenay-le-Marmion, le merlettaie a domicilio compievano, fino al 1957, dei fondi di parrucche in pizzo a tombolo con dei capelli. ‘Si servivano di capelli biondi, bianchi o grigi molto lunghi. Il lavoro implicava un cartone di forma ovale, perforato, con buchi distanziati un millimetro. In questi buchi la merlettaia piantava le spille dopo aver incrociato i capelli. Il cartone era nero o annerito con della tintura affinché i capelli chiari si potessero vedere più facilmente. Per rendere l’orlodel merletto più solido, sul fusello erano arrotolati due capelli. Il punto usato era molto semplice, visto che si trattava di una base‘Tulle’. E questo lavoro, così fine, così difficile (i capelli erano elastici, bisognava tirarli un po’ per sistemare gli incroci, ma non troppo per non attorcigliare il lavoro), serviva solo per fare montature di parrucche vendute alle manifatture di Parigi!...Usando come materiale un capello, il merletto non procedeva velocemente, le merlettaie più rapide facevano tre centimetri quadrati all’ora’.2 Testimonianza di una merlettaia di Puy en Velay.


Oggi il Conservatorio del merletto di Bayeux, sotto la direzione di Mylène Salvador-Ros, è in contatto con artiste come Annette Messager, Ghada Amer e Maria Hahnenkamp per le quali realizza delle opere. Le mostre ‘Meticciati’, che si svolgono dal 1998 in Francia e nel mondo, testimoniano questo legame tra artisti e maestri d’arte.3

 

1 : Museo delle Belle Arti e del Merletto di Alençon : http://museedentelle-alencon.fr/

2 : Centro di Insegnamento del Merletto al Tombolo: http://ladentelledupuy.com

3 : Conservatorio del Merletto di Bayeux : http://dentelledebayeux.free.fr/



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29 avril 2013 1 29 /04 /avril /2013 11:26

 

I : Iconografia scelta

 

Ho scelto, in maniera soggettiva, nell’insieme delle rappresentazioni iconografiche femminili, queste immagini in cui la capigliatura femminile svolge la funzione principale.


Marie -madeleine d'Ecouis    Maria Maddalena d'Ecouis 


La prima è quella della statua in pietra calcarea della collegiale Notre-Dame d’Ecouis, che risale al primo quarto del XIV secolo e che rappresenta

 Maria Maddalena detta l’Egiziaca. Maria è avvolta nella sua lunga chioma, che ricade in cascata fino ai piedi. Sono visibili solo il viso, il collo & le mani giunte. Tutto il resto del corpo è nascosto dalla spessa massa ondeggiante dei capelli. Questa rappresentazione, di un pudore estremo, indica la sua condizione di anacoreta. Simbolo della rinuncia al corpo, la figura di Maria Maddalena fu valorizzata nel Medioevo.

 

Rosselli Marie-madeleine   Maria Maddalena  Cosimo Rosselli

 


La seconda immagine è un superbo ritratto del XV secolo, attribuito a Cosimo Rosselli, che appartiene al museo di belle arti di Lille e che si inserisce in questa discendenza. Maria Maddalena è semplicemente vestita della sua capigliatura abbondante che, questa volta, arriva, sotto le ginocchia. Tiene tra le mani una pisside circolare con un coperchio dorato, indice della sua condizione precedente. Il viso, smagrito, è leggermente girato verso il basso, anche gli occhi sono abbassati. I piedi, dai talloni uniti, e dalle punte scostate, non sono appoggiati su nulla, lo spazio è suggerito solamente da un fondo nudo, in sfumato grigio. Tutto testimonia la scelta di vita ascetica. I capelli mascherano il corpo, accentuando l’espressione del viso della santa. Anche in questo caso, i capelli velano un corpo femminile, di cui non si deve vedere la bellezza.

 

Donatello      Maria Maddalena di Donatello    



La terza immagine è Maria Maddalena o Maddalena penitente di Donatello, scultura in legno policromo del 1453-1454, del museo dell’Opera del Duomo a Firenze. La scelta del pioppo bianco, per la realizzazione di questa scultura, testimonia la volontà di Donatello, allora di una sessantina d’anni, di offrirsi la maniera di compiere un’opera molto singolare. La santa è rappresentata dimagrita, con il viso scheletrico e i lunghi capelli ispidi la avvolgono quasi del tutto. Le braccia nude si uniscono nella punta delle dita. Le ciocche sembrano appiccicose, incollate ai muscoli & ai tendini visibili sotto la pelle di questo corpo scarno.

Il restauro del 1972 rivelò la presenza di stoppa e di fili d’oro nei capelli, mostrando come l’artista avesse desiderato dimostrare le devastazioni della penitenza & della vecchiaia su un corpo dotato un tempo di ogni beltà.

Dall’alto del suo metro e ottantotto, con il viso inclinato e gli occhi che scompaiono nell’ombra delle orbite, lei si offre allo sguardo degli spettatori in un’immagine prossima alla morte. Quest’opera, molto espressiva, porta al parossismo la rappresentazione di una donna che ha scelto di sacrificare la bellezza.

 

Gregor Erhart    Maria Maddalena  d’Erhart Grégor .

 


Ed infine la Maria Maddalenad’Erhart Grégor, scultura policroma in tiglio del 1510, esposta nel museo del Louvre. Quest’opera mostra una santa nuda, i cui capelli ricoprono la schiena. Una lunga ciocca dispiega le sue ondulazioni dalla spalla destra a metà delle cosce, nascondendo il basso ventre, ma non una parte del seno destro e tutta la metà sinistra del corpo. Le mani sono giunte, il viso è inclinato verso il suolo. Il Rinascimento si annuncia, il corpo nudo ridiventa visibile, anche in un luogo di culto. Questa statua, a grandezza naturale, era in effetti sospesa alla volta di una chiesa. La posa languida era destinata a sottolinearne l’estasi mistica, mentre la purezza dei tratti e la bellezza della capigliatura dovevano mostrare la sua santità. Si abbandona l’austerità al fine di offrire un’immagine che il nostro occhio contemporaneo ritiene sensuale. Tuttavia, questo non c’entra con l’intenzione di glorificare Maria Maddalena di quest’artista nordico della fine del Medioevo.

 

Immagini Wikipedia (Tétraktys, Saiko) RMN.

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28 avril 2013 7 28 /04 /avril /2013 11:14

                                                       Accroche-temps détail rouge

H : Henné

 

L’henné è un arbusto della famiglia delle Litracee, è chiamato anche Troenne d’Egitto.

Originario di una regione che va dal sud dell’Iran al Belucistan, si sarebbe spostato fin dall’Antichità nel nord dell’India, nell’Egitto e poi nel Maghreb & nella Mauritania, dove fu apprezzato per le sue proprietà aromatiche e per le sue possibili applicazioni nel campo della tintoria. Anche la farmacopea ne fece uso. Ibn-el Beïthar lo testimonia nel suo ‘Trattato dei semplici’ nel XIII secolo.

L’uso dell’henné nelle cerimonie matrimoniali, dal Marocco all’Indonesia, rappresenta un rituale.

Pur essendo legato all’islamizzazione di queste regioni, dei testi assiri dell’VIII secolo a.C. descrivono già gli stessi preparativi.



In Mauritania si racconta che quest’albero, che cresce in Paradiso, è innanzitutto spuntato per la figlia del Profeta che creò per prima, dalla sua tintura rossa, un ornamento per i capelli.

La virtù principale dell’henné è quella di creare un baluardo tra il corpo che ne è rivestito & gli elementi esteriori quali i demoni, il malocchio o le malattie. E’ per questo motivo che il corpo dei neonati ne è ricoperto per una giornata & che la madre del piccolo circonciso intreccia i suoi capelli unti d’henné & li lega con una fascia.

Le cure terapeutiche sono praticate da entrambi i sessi, mentre solo le donne usano l’henné come elemento di bellezza & di protezione contro le forze malefiche; si tingono di henné i palmi delle mani e le piante dei piedi e l’henné le protegge per tutta la vita.

Se ne servono in molte cure di bellezza della pelle, che esso nutre se associato al burro liquido, allo zafferano, all’indaco, al frutto del gonakier.



L’henné è importante anche nel gioco della seduzione come ornamento disegnato sulle mani & sui piedi durante molte festività. Questi disegni sono alquanto raffinati e rispondono ad una codificazione. I motivi si ottengono seguendo la tecnica della ‘riservatezza’.

L’henné è una delle fonti d’ispirazione della poesia amorosa. Si interpreta, grazie ai suoi seducenti tratti rossi, come l’insegna della donna.

 

 

                                                    vibration II

E’ proprio per le sue qualità curative che ho iniziato a mettere dell’henné sui miei capelli neri, che inizialmente non hanno cambiato colore. Tuttavia l’utilizzo regolare & prolungato che ne ho fatto, assieme alla progressione della depigmentazione, hanno dato come risultato un colore sempre più rosso.

Fin da quando ho cominciato a creare opere con i miei capelli, ho giocato con

questi due colori, il nero & il rosso.





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27 avril 2013 6 27 /04 /avril /2013 11:30

Haire1999    haire2006

H : Haire

"Haire" è il titolo di un’opera di Sophie Lecomte. Si tratta di un vestito fatto con i capelli dell’artista. Sophie ha agganciato al vestito, dal 1999, le sue ciocche, conservate dalla madre fin dalla sua infanzia. Con il passare degli anni & con i tagli successivi, ne ha aggiunte altre, dall’alto verso il basso. Attualmente il vestito è lungo circa 110 centimetri.

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26 avril 2013 5 26 /04 /avril /2013 11:59

Jeunes filles à Harajuku

 

G : Giappone 


 

Il capello giapponese è grosso, regolare, a sezione rotonda, generalmente diritto & piantato perpendicolarmente sulla parte superiore della testa. E’ di un colore nero, che cambia solo da qualche anno, essendo stato più a lungo refrattario alla colorazione di altri tipi di capelli; infatti è sufficiente passeggiare oggi a Tokyo per cogliere la tavolozza di colori della capigliatura delle giovani giapponesi, & nel quartiere di Harajuku per vederne la varietà formale. Le loro pettinature stravaganti, simbolo del mondo contemporaneo, sono il contrappunto a quelle delle geishe che continuano l’immagine del Giappone tradizionale.

 

Jeunes à Harajuku


 

Le donne giapponesi hanno sempre portato i capelli lunghi; si pensi, ad esempio, a quelli particolarmente impressionanti delle dame della corte del XVI secolo, che si trascinavano sul suolo, galleggiando sui kimono.

Utamaro ha dipinto centinaia di ritratti di donne di ogni età & di ogni stato, che svelano la sofisticatezza & la codifica delle pettinature del XVIII secolo. Le architetture delle pettinature delle geishe avevano bisogno di ore di manipolazione. In ‘Memorie di una geisha’ la narratrice Yuki Inoue racconta: ‘Poi Kinu fu mandata dalla parrucchiera ‘annodatrice di capelli’. La preparazioneminuziosa & laboriosa della pettinatura le sembra richiedere il doppio del tempo normale. Nel suo chignon shimada (coda di cavallo molto bassa mollemente sollevata dietro l’occipite & mantenuta da pettini in modo da formare una seconda coda di cavallo), la donna appuntò all’altezza delle orecchie una spilla con una parure di corallo.

Questo brano racconta la preparazione della maiko (apprendista geisha) alla deflorazione o mizu-age, che ne segnerà il cambio di condizione. Durante questa cerimonia, altamente simbolica, il suo ciuffo viene ‘tagliato’. Lei cambia pettinatura & abiti, diventando geisha; abbandona la momowareo wareshimomo, pettinatura detta a ‘pesca tagliata’ o chignon diviso in due, nel mezzo del quale appare una stoffa di seta rossa, per la marumage o l’ofuku, chignon ornato di pettini & di spille chiamate kanzashi. Questi ornamenti delle pettinature sono di grande bellezza.

 

Mariée à Miyajima


 

La collezione Olliveaud-Touzinaud, esposta nella mostra ‘Cina & Giappone a fior di testa’ nel 2005, rivelò che la ricchezza artistica & culturale si estendeva anche a quest’ambito. La testa è sacra & il suo ornamento è il segno dei personaggi collegati alle potenze celesti. La ‘consacrazione’ è il momento in cui si pone la corona sulla testa di chi così diventa re.

Le culture antiche hanno quasi sempre associato i poteri occulti attribuiti ai capelli agli oggetti che li hanno toccati. Fin dalla preistoria era frequente la sepoltura dei defunti con i loro pettini. Gli esemplari antichi di pettini ritrovati, che risalgono al periodo Jōmon (10 000 al 6500 a.C.), erano in osso o in bambù, già laccati di rosso, & i loro lunghi denti fissavano i capelli degli uomini & delle donne in un chignon sulla cima del cranio.



Il mio interesse per il Giappone è antico, risale a quando, da giovane, praticai il karate stile Shotokan & mi informai sulla cultura dello stato da cui esso proveniva. Questa cultura mi ha subito intrigata & sedotta e ho potuto incontrarla realmente nel 2005, all’epoca del mio primo soggiorno nel paese del Sol levante. L’arte, la letteratura, il cinema, le religioni e i riti rappresentano delle fonti di riflessione & di creazione, che hanno arricchito la mia personalità & la mia espressione artistica. Faccio, naturalmente, ricerche su tutto ciò che è in relazione con i capelli.

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25 avril 2013 4 25 /04 /avril /2013 09:53

Q : Domande?

 

I capelli sono saliti alla ribalta mediatica grazie alla mostra che si tiene nel museo di quai Branly.

Molte domande trovano una risposta nel catalogo e nelle emissioni che sono loro dedicate.

 

Di che colore erano i capelli degli Dei dell’antichità?

 

Eccetto Zeus & i suoi fratelli Ade & Poseidone che hanno i capelli scuri, i loro figli sono biondi. Questo caratterizza la loro gioventù, da cui l’espressione ‘teste bionde’, ma anche la loro immortalità in quello stato di vigore & di seduzione che i capelli d’oro simboleggiano. Il cliché di un pantheon mediterraneo divino bruno si offusca a vantaggio di un’immagine della biondezza che condizionerà di moltola moda dei capelli di tutto il mondo greco-romano antico.

 

Perché così tante costrizioni religiose riguardano la capigliatura?

 

Lo scopo di queste costrizioni è quello di differenziare le religioni tra di loro & di fronte a quelle che esse desiderano rimpiazzare. Ogni religione del Libro, quando è apparsa, ha fatto in modo di distinguersi grazie a delle pratiche specifiche riguardanti i capelli. Gli ebrei nei confronti degli egiziani, i cristiani degli ebrei, i musulmani nei confronti di entrambi. Da notare che gli sikh hanno agito nello stesso modo in India, smarcandosi in modo radicale dalle religioni precedenti, indossando un turbante annodato in maniera particolare secondo le età della vita & che nasconde capelli che è proibito tagliare. Buddha, dal canto suo, si era rasato la testa per diversificarsi dai brahmani quando decise di fondare il buddhismo. In seguito, in seno ad ogni religione se si producono delle scissioni, i gruppi che restano scelgono una forma di capigliatura che li distinguerà, come i greci ortodossi, che conservano barba e capelli lunghi in chignon.

 

Qual è il legame capillare tra gli indù e gli ebrei?

 

Le donne indiane che donano i capelli alle divinità induiste si trovano collegate a quelle ebree ortodosse che non possono mostrare i capelli se non nella sfera privata. Per obbedire a questa rigida regola, esse devono coprirsi per uscire di casa, o con un foulard o con una parrucca. Sembra che adesso molte donne ebree preferiscano la parrucca, più attraente del foulard. Tuttavia, l’acquisto di quest’ultima pone un problema, perché essa deve essere kosher, ossia confezionata con capelli che non sono stati comprati in templi dove le donne indiane li hanno sacrificati. Ecco come le religioni (etimologicamente ‘ciò che lega’) allacciano dei legami improbabili tra donne, grazie a dei capelli immagazzinati.

 

Come creare una rete sociale con i capelli?

 

Ognuno intrattiene fin dalla nascita delle relazioni sociali & ha l’obbligo di mantenerle e/o di crearne altre durante tutta la sua vita, pena la ‘sparizione’. Ogni soggetto è legato alla sua famiglia, biologica o adottiva. Nel corso dell’esistenza questi legami continuano o si rompono, altri si tessono, creando una rete la cui dimensione varia & evolve col tempo.

Un tempo materializzati in rubriche, ora essi sono liste di contatti mail o di amici nei social networks. Questo capitale relazionale è indispensabile & la sua fruttificazione è continuamente messa in opera. La sua perdita è vissuta come una ‘morte’ sociale che può portare a quella fisica dell’individuo.

Per tessere questi legami necessari, un gruppo aborigeno, del deserto centrale australiano, gli Aranda, si serve della circolazione di capelli. Questi scambi evidenziano lo statuto particolare del capello nei confronti del resto del corpo. Imputrescibile, esso può circolare tra i membri del gruppo, come elemento associato ad una persona, rappresentandola. I capelli tagliati sono donati, poi tessuti in cinture che serviranno durante i vari rituali compiuti al momento della nascita, dell’accoppiamento o della morte.

 

 



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24 avril 2013 3 24 /04 /avril /2013 09:40

                                                     Moine du Koya-san

 

D : Dono



Il dono dei capelli è stato evocato di recente al momento della presentazione dell’istallazione "Un po, molto..."  e negli articoli "Opere di capelli"& "Capigliatura di Berenice".

L’offerta della capigliatura è praticata fin dall’antichità & continua ancora oggi.

Ora l’offerta di capelli più conosciuta è quella che si compie nel tempio Tirumala Tirupati, nello stato d’Andrha Pradesh, in India. Migliaia di pellegrini vi si recano ogni giorno per pregare Venkateswara, dio della ricchezza, una delle forme di Vishnu. Vi fanno un voto o vi tornano per ringraziare quando il voto è stato esaudito. Accompagnati dalle loro famiglie, talvolta da villaggi interi, vengono da tutta l’India per compiere queste pratiche votive.

Il rito consiste nell’offrire la propria capigliatura al dio, facendosi radere la testa completamente. Questo gesto d’umiltà è accompagnato da offerte come pietre preziose, statue in oro o biglietti, secondo i mezzi.

La rasatura si effettua 24 ore su 24, fatta da centinaia di barbieri che officiano a catena in un edificio di quattro piani. Dopo il pagamento di una tassa per varcare il recinto del tempio, ogni pellegrino riceve un biglietto numerato, poi è chiamato da un barbiere che lo rasa gratuitamente con un rasoio a serramanico. I capelli sono solo bagnati, li fa cadere a terra, assieme alla barba & ai baffi, per gli uomini. Tutti i peli della testa, in un silenzio che solo i pianti dei bambini turbano, sono sacrificati al dio. Ognuno, poi, esce toccandosi il cranio, per fare un’offerta all’esterno del tempio, rompere una noce di cocco sui gradini e, infine, vedere la statua nera e rossa di Vishnu all’interno.

Questo rito è un segno di devozione al dio. Il sacrificio dei capelli, in particolare per le donne indiane che vi dedicano molte cure, è un gesto che manifesta la forza della fede.

 

E’ paragonabile a quello che compiono il monaco & la suora nel cristianesimo, il bikku & la bikkuni nel buddhismo; in quanto gesto d’umiltà & di rinuncia alla vita laica, rappresenta, con l’abito, il segno distintivo di un’appartenenza alla comunità monastica.

Se ne differenzia per il suo carattere eccezionale; mentre il religioso ripeterà quest’azione della rasatura durante tutta la sua vita, il pellegrino lo compie solamente una volta.

Il dono dei capelli non ha fini utilitaristici, anche se poi il tempio vende queste tonnellate di capelli alle fabbriche che li trasformano in parrucche, trecce o extension. Serve per ringraziare il dio, che ha esaudito il voto che gli è stato indirizzato, nel modo migliore, come la regina Berenice che ha offerto i suoi capelli a Afrodite quando il re Tolomeo Evergeta è tornato vincitore.

Nell’Egitto dei Faraoni si usava offrire la propria prima capigliatura ad un fiume o ad un torrente. In Grecia, il dono della capigliatura, totale o parziale, corrispondeva ad un passaggio d’età. I giovani efebi si tagliavano i capelli & li consacravano ad Apollo. I Lacedemoni di Sparta si rasavano il cranio il giorno del loro matrimonio & ne offrivano le ciocche ad Artemide. In Argolide, a Trezene, le ragazze molto giovani tagliavano uno dei loro lunghi riccioli & lo portavano al tempio di Ippolito, significando così l’abbandono della vita selvaggia per il mondo colto, il brusco passaggio dall’infanzia al matrimonio.

La capigliatura, in quanto parte staccabile del corpo, bene prezioso poiché attributo identificabile & unico di un individuo, è stata & resta un’offerta apprezzata dalle religioni politeiste & monoteiste.



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20 avril 2013 6 20 /04 /avril /2013 21:45

C : Cuffie & pettinature 


                                     coiffe 1


In Africa ogni pettinatura corrisponde a un codice sociale preciso, a una funzione gerarchizzata o a un momento del ciclo della vita. Quest’identificazione si unisce ad una ricerca estetica e fornisce un panel considerevole d’inventività capillare.


Per passare da ‘pettinatura’ a ‘cuffia’ (coiffure-coiffe) si devono togliere solo due lettere. Il cappello del prete Yao è interamente tessuto di capelli. Talvolta viene semplicemente aggiunto un altro materiale. La cuffia della donna Tuareg è un ricamo scultoreo di capelli su filo di ferro, mentre in quella della donna Karen si intrecciano capelli e lamette di alluminio inciso. La cuffia delle Dai si presenta come una calotta di capelli ricoperta di capsule in metallo, mentre la pettinatura della donna Qing Miao, che si tramanda di madre in figlia, è fatta dei capelli raccolti con pazienza durante tutta la vita, ricoperti di lana nera & bianca & sostenuti da corna di bufalo. Quella della donna sposata isicolo Zulu è fatta da un ampio cappello di capelli, fibre & pigmenti rossi mescolati, e deriva da una pettinatura di capelli intrecciati con grasso & ocra che aveva la forma di un tronco di cono rovesciato, portata fino all’inizio del XX secolo.


Il paradosso è che le cuffie che assomigliano di più a quelle africane sono realizzate solo con delle fibre, come quelle Tshokwe, Pende, kapsiki o il berretto Fali¹.

¹ Le fotografie di tutte queste cuffie sono visibili nel catalogo della mostra ‘Viaggio nella mia testa’.

 

Nelle mie opere i capelli non sono usati per sembrare dei capelli, anche se si può facilmente identificarne la natura. Essi sono prima di tutto una materia con la quale mi esprimo, come il pigmento lo è per il pittore o la luce per il fotografo; anche se è più ricca di simboli, più connotata, più organica, non rimane che una materia, pur essendo una materia prima.

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20 avril 2013 6 20 /04 /avril /2013 21:35

 

 

C : Cuffie & pettinature

 


Transition I     Transition II : détail haut   Transition IV : détail haut

 

La mostra "Viaggio nella mia testa", che presenta la collezione di cuffieetniche di Antoine de Galbert alla Maison rouge a Parigi, comincia con ‘All’inizio fu il capello’, mettendo in questo modo in evidenza come, prima della cuffia, la pettinatura in quanto sistemazione dei capelli è & è sempre stata una disposizione necessaria della parte più rimarchevole del corpo.


La testa, punto culminante della persona, la più vicina al cielo, il suo capo, è considerata come l’abitacolo dell’anima, la parte di noi che, secondo le credenze, raggiunge il mondo degli antenati o degli dei.

I capelli che la ricoprono possono allora manifestare, con la loro assenza la rinuncia al mondo, come accade per i monaci & le suore, oppure mostrare grazie alla loro lunghezza & vitalità la capacità riproduttiva & il vigore di colui o colei che li sfoggia. In India, i capelli di Shiva tessono la trama dell’universo in ogni direzione. Nel mito di Scylla abbiamo visto quanto la vita & il potere avessero a che fare con il capello. In numerose società il tagliarli era considerato sacrilego.


L’energia dei capelli trova la sua espressione nella realizzazione delle pettinature più diverse. Ognuna indica la condizione sociale o culturale & testimonia l’identità della persona che la porta. Ciascuna società vi iscrive un simbolismo decifrabile da ogni suo membro. Vi si distingue l’aristocratico, il prete o il contadino.

Nell’antico Giappone, il fatto di portare i capelli lunghi & sciolti era riservato alle donne della corte. Le contadine dovevano raccoglierli sulla nuca & fermarli con una stoffa spiegazzata.

 

L’interesse che nutro per i capelli non mi ha tuttavia portata alla creazione di pettinature o di cuffie. Eppure non posso far altro che ritrovare la traccia dei miei soggiorni in Asia & in Africa, e delle mie visite ai musei o alle mostre come a quella della Maison rouge, in parecchie delle mie opere. 



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  • : Artiste plasticienne, j'utilise mes cheveux comme matériau pour réaliser mes oeuvres. Je rédige un Abécéd'hair passionné.
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Abécéd'hair Abc...

A : Absence/Arme

B : Bérénice/Brodrerie

C : Coiffures/Couleurs

D : Dentelles/Don

E : Expositions

F : Fil/Florilège 1,2

H : Haire/Henné

I : Iconographie 1,2,3/Indigeste

J : Japon

K : Kanak 1,2

L : Longueur

M : Mort

N : Noeuds

O : Outils/Ouvrages

P : Peigne 1,2,3/Poil

Q : Qualités/Questions

S : Sérendipité/Soie       

T : Trikho/Trois

V : Vente/Voile

Y : Yoruba 1,2,3